Premio Gregor von Rezzori – Città di Firenze. Vince Enrique Vila-Matas

Firenze 15 giugno, Palazzo Vecchio

È Enrique Vila-Matas con Esploratori dell’abisso (Feltrinelli 2011, traduzione di Pino Cacucci) il vincitore della sesta edizione del PremioGregor von Rezzori per la miglior opera di narrativa straniera. Lo scrittore spagnolo è stato premiato oggi alla presenza del Sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Ad annunciare il vincitore, nel corso di una cerimonia tenutasi nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, Beatrice Monti della Corte von Rezzori (presidente del Premio) Ernesto Ferrero (presidente della giuria) e i giurati: Edmund White, Björn Larsson e Alberto Manguel.

Questa la motivazione con cui la giuria gli ha assegnato il Premio:

«Enrique Vila-Matas appartiene ad una razza di cannibali letterari, cioè di quegli scrittori che si nutrono della letteratura stessa. I suoi antenati sono Diderot, Raymond Russell e W.G. Sebald, e in ogni suo libro è stato il cronista di scrittori che non volevano scrivere, lettori stufi della lettura, libri composti di pagine vuote, storie di vite vissute che sono una pura finzione. Esploratori dell’abisso è una collezione di saggi che diventano finzione, racconti che diventano reali e semplicemente pagine di uno scrittore troppo preoccupato di verità letteraria per tenere conto dei confini tra quello che consideriamo un mondo reale e quello che consideriamo un mondo sognato.

Il suo stile, preciso come uno scalpello, non è ingombrante. Sembra solo che pensi ad alta voce con poetica precisione i problemi essenziali di un credo letterario.

In uno dei suoi scritti, Vila-Matas ha dichiarato: “lotto contro la realtà con finzione”. Come tutte le cose che ha detto, questo è solo una maschera. Con le pretese di combattere la realtà, Vila-Matas ce la  svela usando la sua abilità di narratore e trasforma il nostro mondo quotidiano in qualcosa di lucido, luminoso e meravigliosamente commovente.»

Esploratori dell’abisso (Feltrinelli, 2011)

Esploratori dell’abisso segna il ritorno di Enrique Vila-Matas al genere che ha maggiormente contribuito al suo successo: il racconto. In queste diciannove storie Vila-Matas esplora e analizza l’abisso sul quale si sporgono buffi personaggi, sempre ai limiti della condizione umana. Personaggi che si trovano in un momento della loro vita in cui sono costretti a esplorare ciò che c’è oltre, a buttare uno sguardo al di là dei limiti umani, morali, sociali o fisici. Limiti che possono essere ciò che fisicamente un uomo non può fare o raggiungere, come il protagonista della spassosa novella fantascientifica Ho amato Bo costretto a vagare per sempre nello spazio e nell’universo infinito, ma sono anche la sfida quotidiana del celebre equilibrista Maurice Forest-Meyer che compare in più racconti, o l’andare oltre alla frontiera che separa la realtà dalla finzione, come in Perché lei non lo ha chiesto, e scrivere un racconto commissionato da Sophie Calle. Con una scrittura senza troppi fronzoli ma capace di impennate liriche e frasi lapidarie, che si avvolge su sé stessa e trasforma i dialoghi in scambi serrati di pungenti aforismi, dove il nonsense si insinua tra le crepe di conversazioni apparentemente banali creando un effetto comico laddove sembrava esserci solo la disperazione, Vila-Matas esplora, con divertita sagacia, le insondabili profondità del meta-abisso.

“Voglio continuare a essere, come ha detto Kafka, un esploratore che avanza verso il vuoto, e continuare così a dare un senso alle mie parole.” (Enrique Vila-Matas)

Enrique Vila-Matas è autore di una vasta, provocatoria e personalissima opera narrativa, insieme intimista e sperimentale, elegante e sfrontata, che include romanzi, racconti, articoli e saggi. Tradotto in ventinove lingue, ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali, in Italia, il Premio Internazionale Ennio Flaiano (2005), il Premio Elsa Morante (2007), il Premio Mondello (2009) e il Premio Bottari Lattes Grinzane, sezione La Quercia (2011). Cavaliere della Legion d’Onore della Repubblica francese, appartiene anche all’ordine dei Cavalieri del Finnegans, sul cui scudo recita il lemma estratto dall’ultima frase del sesto capitolo dell’Ulisse di Joyce: “Grazie. Quante arie ci diamo stamattina!”.

Con Feltrinelli ha pubblicato Bartleby e compagnia (2002), Il mal di Montano (2005), Parigi non finisce mai (2006), Dottor Pasavento (2008), Storia abbreviata della letteratura portatile (2010), Dublinesque (2010), Un’aria da Dylan (2012).
Gli altri finalisti erano: Emmanuel Carrère Vite che non sono la mia (Einaudi), Jenny Erpenbeck Di passaggio (Zandonai), Damon Galgut In una stanza sconosciuta (e/o), Jón Kalman Stefánsson Paradiso e inferno (Iperborea).

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