Francesco De Sanctis e l’Unità d’Italia

Fondazione De Sanctis
Viaggio tra i capolavori della letteratura italiana
Francesco De Sanctis e l’unità d’Italia

Roma, Palazzo del Quirinale
22 febbraio 2011 – 3 aprile 2011

Il 22 febbraio si apre a Roma, nella prestigiosa sede del Palazzo del Quirinale, una mostra inedita sui grandi capolavori autografi della letteratura italiana a cura dalla Fondazione De Sanctis realizzata nell’ambito delle celebrazioni dei 150° anni dell’Unità d’Italia.

La mostra, Viaggio tra i capolavori della letteratura italiana, Francesco De Sanctis e l’Unità d’Italia, nata da un’idea di Francesco De Sanctis jr e Simona Pieri e curata da Giorgio Ficara, Louis Godart e Luca Marcozzi,  propone un percorso tra gli scrittori amati da De Sanctis:  saranno esposti, per la prima volta in una stessa sede, i manoscritti originali dei più importanti protagonisti della nostra tradizione letteraria, dal Decamerone di Giovanni Boccaccio all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, dalla Gerusalemme Conquistata di Torquato Tasso all’Infinito di Giacomo Leopardi e ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, sempre con a latere la critica desanctisiana.

Il catalogo, edito da Skira, propone anche alcune riletture dei classici in mostra scritte da grandi critici e scrittori di oggi. E così avremo Dante presentato da George Steiner, Petrarca da Giorgio Ficara, Boccaccio da Nadia Fusini, Machiavelli da Gianni Vattimo, l’Ariosto da Raffaele La Capria, Guicciardini da Massimo Onofri, Tasso da Jean Starobinski, Galileo da Paolo Galluzzi, Vico da Eugenio Scalfari, Goldoni da Andrea Zanzotto, Parini da Alberto Arbasino, l’Alfieri da Alfonso Berardinelli, Foscolo da Dacia Maraini,  Manzoni da Ernesto Ferrero e Leopardi da Massimo Cacciari.
Filo conduttore della mostra il manoscritto autografo della Storia della Letteratura Italiana di Francesco De Sanctis, con il quale si intende valorizzare e rivitalizzare il pensiero desanctisiano, ma anche rendere omaggio alla lingua e alla letteratura italiana e più in generale alle radici culturali del nostro Paese alle quali  De Sanctis si riferisce proprio negli anni in cui si costituiva l’Unità d’Italia.
La Sala delle bandiere del Quirinale sarà allestita con teche espositive speciali per forma e sistemi di illuminazione, correlate da apparati multimediali che daranno vivacità ai materiali e ne valorizzeranno i contenuti. L’esposizione seguirà una suddivisione cronologica dalla Poesia delle Origini duecentesce a Dante, Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, Ariosto, Tasso, Galilei, Foscolo fino ad arrivare a Manzoni e Leopardi, contemporanei di De Sanctis.

Francesco De Sanctis jr.
(Presidente della Fondazione De Sanctis)


Realizzare una grande mostra sulla Letteratura Italiana è stato uno dei principali motivi per i quali è stata costituita la Fondazione De Sanctis.
Infatti da quando ho ereditato da mio nonno, ormai sei anni fa, una parte dell’archivio personale di Francesco De Sanctis, che consta di una biblioteca e decine di manoscritti, ho considerato come una sorta di missione personale quella di valorizzare il suo enorme lascito culturale e portare alla luce l’eccellenza del pensiero italiano attraverso una mostra.
In questi anni abbiamo organizzato molti eventi, letture dei classici che hanno felicemente viaggiato dalle più prestigiose sedi istituzionali ai principali teatri lirici del nostro Paese alle sedi di ambasciate italiane nel mondo, e sono state testimonianze intense della partecipazione delle comunità più varie alla vita culturale italiana.
Ma nel frattempo il progetto dell’esposizione, l’idea di rendere omaggio in maniera più concreta al nostro patrimonio letterario – sarà perché la mia formazione da architetto mi fa propendere sempre verso la materia, i progetti che durano nel tempo e nello spazio – ha continuato ad essere un desiderio ancora da realizzare. Un sogno che adesso vede la luce nel migliore dei contesti che potevo augurargli, come uno dei primi eventi nell’ambito dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Grazie all’intervento della Presidenza della Repubblica che ha sostenuto il progetto e grazie alla compartecipazione e al supporto di pubblici e privati che ne hanno consentito la realizzazione in tempi molto rapidi, si ritrovano nelle stesse sale, quelle del Quirinale, il cuore simbolico d’Italia, le preziosissime pagine manoscritte dei capolavori della letteratura italiana, affiancate alle pagine autografe della critica desanctisiana. Un’occasione che ci auguriamo renda ogni visitatore orgoglioso quanto lo siamo noi delle preziosissime radici culturali del nostro Paese.

Una letteratura imminente
di Giorgio Ficara
(Direttore scientifico della Fondazione De Sanctis)

Da più parti, e da molto tempo ormai, ci chiediamo se letteratura e modernità sia un rapporto ancora plausibile. Se l’identità – magari ideale, o idealistica, nell’accezione desanctisiana – di cultura e nazione sia pensabile oggi come la pensava non dico De Sanctis, ma Gramsci oppure Italo Calvino o Sciascia o Pasolini. E innanzitutto, di fronte a questi documenti-monumenti della nostra letteratura, che la Presidenza della Repubblica e la Fondazione De Sanctis hanno riunito al Quirinale, la domanda è: esistono oggi cose che solo la letteratura può esprimere, valori trasmissibili, veicolabili, poniamo, solo poeticamente? Quel modo di pensare, che è la lingua letteraria di una nazione, quel modo irripetibile e unico, dovremmo lasciarlo dietro di noi?
In questo momento che scrivo, le campane suonano a distesa, e annunziano l’entrata degl’italiani a Roma. Il potere temporale crolla. E si grida il viva all’unità d’Italia”. Tra le visioni e rappresentazioni medievali e la vita ottocentesca di un borgo irpino, tra la “corruttela” cinquecentesca e le campane che suonano a distesa in questa celebre pagina della Storia della letteratura italiana, cioè tra passato e presente, De Sanctis non vedeva una distanza incolmabile. Come filosofo, anzi, vedeva la superiorità del presente sul passato e l’invincibile progredire dello spirito della nazione: se il mondo moderno ha avuto un’origine “sanguinosa”, e la ragion di stato le sue infinite vittime, “oggi il mondo è migliorato” e si preparano “tempi più umani e civili”. Anche nella malinconia delle ultime pagine della Storia, il nuovo secolo è visto come un approdo di luce.
Ma oggi, nel nostro mondo alquanto sombre, come reagirebbe De Sanctis? Sogno ricorrente dell’umanità, il progredire -con tutti i suoi intoppi, le sue eccezioni e i suoi momentanei indietreggiamenti- è stato per lui un oggetto di fede assoluta, qualcosa di sentito entusiasticamente prima ancora che riscontrato o riscontrabile. Una specie di motore che sospinge e anima l’intera storia del mondo e la dirige a un fine: “tutto si trasforma in progresso assiduo”, ripete De Sanctis, forse per una specie di automatismo, nel ventesimo sofferto capitolo sulla Nuova letteratura. E si potrebbe oggi dire che De Sanctis abbia sognato, che anche il suo ideale d’un mondo in cui la letteratura sia principio di umanità e senso morale non sia stato che un sogno.
Eppure, nonostante la smentita d’una certa attuale oscurità (del mondo), De Sanctis reagirebbe oggi come ieri: ogni letteratura, per essere tale, non soltanto deve caricarsi dell’elettricità delle cose vive, ma anche determinare e favorire un progresso, una civiltà. Lo diceva Gramsci con ogni chiarezza: De Sanctis, come nessun altro, nel suo lavoro, ha unito il sogno di “un nuovo umanesimo, la critica del costume e delle concezioni del mondo, e la critica estetica”. La letteratura che è essenzialmente libertà, serve dunque a qualcosa: è a servizio dell’emancipazione e dell’unità dei popoli.
D’altra parte, lo Stato laico emancipato dalla teocrazia e la libertà intellettuale o di coscienza nel senso moderno sono mete raggiunte o raggiungibili solo recentemente. Quando Machiavelli si batteva per la libertà, cioè per “la partecipazione de’ cittadini al governo”, l’Italia, scrive De Sanctis, era il popolo “meno serio del mondo”. Vedere “l’ingegno appiè della ricchezza” era un’immagine straziante. E oggi questo “basso”, questo “peggio”, questo “buffonesco” italiani “appiè della ricchezza”, se De Sanctis avesse ragione, certo non tornerebbero.
Ma invece? Non siamo  noi oggi nel punto stesso o straordinariamente vicini al punto in cui De Sanctis ha lasciato il suo Machiavelli? Che ne è dello spirito e del suo progredire? Dove sono fuggite la coscienza unitaria nazionale e la letteratura che la rispecchierebbe? Tra i grandi interpreti di De Sanctis, Gianfranco Contini a proposito della Storia parlava d’una concezione teologica o “emanatistica” della letteratura, in cui ogni testo si integra necessariamente nel successivo, appartiene a una continuità evolutiva, come necessariamente ogni uomo vivo appartiene e opera per il progresso di tutta l’umanità. Carlo Dionisotti distingueva: da una parte la struttura unitaria del nostro Paese, “che nell’età nostra era giunta a fare così trista prova di sé”, dall’altra un capolavoro, la Storia di De Sanctis, che “splendidamente rappresentava l’istanza unitaria del Risorgimento”. Tanto Contini quanto Dionisotti, ci dicono che l’immagine “imminente” dell’Italia è il motore e l’effetto poetico generale presente in ogni pagina della Storia.  Tutt’altro che desanctisiani  “politicamente”, e non vedendo nessuna “continua realizzazione degli ideali umani” nella storia dell’umanità, entrambi ammirano la prosa inquieta del professore napoletano: il passo avanti che egli compie, solo, con le sole sue forze, cioè la letteratura, le parole, verso il nuovo e il meglio.
Ma infine: “il pubblico abbandonando la letteratura, la letteratura è costretta a seguire il pubblico”, scrive De Sanctis a proposito del Metastasio. E anche oggi,  all’inseguimento del pubblico , e d’una nuova lingua globale, cento e cento romanzieri contemporanei, peraltro tecnicamente imparagonabili al Metastasio, confermano la regola.  Ripensare a De Sanctis e ai suoi classici, oggi, significa innanzitutto chiudere la porta. Non offrire valutazioni, classificazioni, distinzioni nel mercato generale delle lettere. E ricominciare da capo, cercare nei nascondigli, nei doppi fondi dei generi, nel pensiero fisso dell’imminenza, dove, se De Sanctis ha ragione, la letteratura è tutt’altro che estinta.

 

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